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lunes, junio 18

Profesor y poeta


Dopo Trent'anni

Ti seguo da trent'anni mentre vaghi cercando
non sai nemmeno cosa. Sono la luce
di un'esplosione lontana, il tuo sole di ghiaccio,
due occhi spalancati sulla magrezza di un male
che apriva certe porte, o prospettive di fuga.
Diversamente: era questo l'indizio,
la rifrazione del mio raggio sulla superficie del mondo.
Voleva dire distruggere,
frugare tra gli scarti. Spossessarsi.
Voleva dire camminare con gli occhi bendati.

Ti seguo da trent'anni alta come un rapace
con il mio becco duro di nibbio, la mia vista
che sa distinguere un topolino fra le rocce
o la tua traccia barcollante sui sentieri.
Ero nei sogni che non potevi ricordare.
Ero un grido prima dell'alba, una porta chiusa,
uno zigomo che affiora sulla pelle. Il volto folle di un uomo
impiastricciato di sugo, pulsante. Ero il bagliore
di una vallata percorsa da un fiume, luccicante di fuochi.
Ero un tumore e una stella.

E non potevi guardarmi: accecavo.
Adesso, guarda. Guarda il tronco
contorto di questi ulivi che si annodano
al terreno sassoso. Guarda il mare e la costa
incisa, e il vento scuotere
ogni ramo. È la mia ala,
non medica, ti porta, ti sostiene.
Fa quasi giorno, e un'ombra, la tua ombra
striscia tra i rampicanti e le prime formiche. Solo un'ombra,
il poco che ti resta. La tua luce a rovescio.

Sono qui, per un istante posata: a rincuorarti
e a toglierti ogni speranza. Non c'è pace
nel corso delle cose e dei corpi, ma una pace
diversa brilla ovunque e ci chiama. Se vibra
sopra l'acqua o sull'erba il soffio lieve
del tempo: ecco steli dispersi, sradicati, ed ecco il turbine
leggero delle foglie che s'infiammano
e svaniscono. Guardami pure, adesso, non abbaglio.
Abbandonarsi e resistere, due fasi
identiche del sangue e del respiro, dell'inchiostro
e del foglio, come sai. Cammina, scrivi.


Fabio Pusterla

(Mendrisio, Tesino, 1957)

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